Massimo Pastura
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LA STORIA

Dagli antichi Liguri ai giorni nostri nostri, passando per il Medioevo

I primi abitanti del Monferrato furono sicuramente le antiche popolazioni ligure, in epoca pre-romana: prima cacciatori e raccoglitori, poi contadini primitivi. Testimonianze dell'insediamento dei romani si trovano in molte città e paesi, così come nei tracciati delle strade importanti: quelle che vanno da Torino (Augusta Taurinorum) a Casale (Vardacate), da Torino ad Asti (Hasta) e Tortona (Derthona).
Durante le invasioni barbariche le popolazioni si rifugiarono sulle colline, dove vissero per secoli in condizioni di estrema povertà e disordine.
Verso la fine del millennio ebbe inizio l’epoca del feudalesimo: il territorio viene frazionato in tante signorie indipendenti: i numerosi castelli e le belle abbazie romaniche solo la testimonianza che ancora oggi possiamo visitare ed apprezzare. La necessità di difendere le Signorie portò i contadini più vicini alle dimore feudali ed all’abbandono dei molti minuscoli villaggi.

Le numerose guerre del Milletrecento portarono carestie e pestilenze. Il territorio cominciava ad assomigliare a quello di oggi. I villaggi isolati che si erano salvati dall'abbandono cominciarono a consolidarsi e fortificarsi, così come iniziò ad affermarsi l'insediamento per case sparse, le cosiddette borgate, che protette dal loro stesso isolamento, ebbero la maggiore diffusione nell'Ottocento con lo sviluppo della piccola proprietà contadina.

Fù nell’Ottocento, durante il regno Sabaudo, che i nobiliari e gli ecclesiastici persero via via le loro proprietà. Il clima di pace, l'egualitarismo illuminista portato da Napoleone e la crescita demografica fecero crescere nei contadini non solo il bisogno di nuove terre da coltivare, ma anche il senso del diritto alla proprietà della terra, per cui lottarono intere generazioni.

La viticoltura, praticata da sempre, divenne ancora più importante: con dura fatica si impiantarono innumerevoli nuovi vigneti, capaci di dare un prodotto redditizio. La tradizionale azienda agricola monferrina, dovendo essenzialmente soddisfare il proprio bisogno interno, si dedicava alla policoltura: prati nel fondovalle più basso, cereali e medicali in rotazione nelle zone un po' più elevate, boschi sui versanti a nord e vigneti su quelli esposti al sole (talora inframmezzati da grano, o ortaggi e patate, o noci e alberi da frutta).

Il poco prodotto in eccedenza serviva a pagare in natura un affitto o un debito contratto per acquistare la terra o il bestiame.
In questo contesto di autosufficienza si collocavano anche alcune colture specifiche: la canna comune, della quale venivano e vengono tuttora utilizzati i fusti come sostegno e le foglie opportunamente trattate per le legature; il salice per le legature; il gelso per l'allevamento del baco da seta; il noce per l'olio; e nell'Alto Monferrato il nocciolo.
Al diffondersi della piccola proprietà contadina corrispose quello delle cascine, isolate o in piccoli gruppi: nuovi insediamenti con i quali i contadini, spostandosi dai villaggi, si avvicinarono il più possibile alla terra da coltivare, e soprattutto avvicinarono alla terra i loro lenti buoi. Nella seconda metà dell'Ottocento, con il miglioramento delle reti di comunicazione (strade, linee ferroviarie), e con meno esigenze di difesa, portarono le popolazioni a spostarsi gradualmente dalle sommità collinari ai fondovalle, nei pressi delle stazioni e delle strade, con la nascita di nuovi borghi e l'ampliamento verso il basso di quelli già esistenti.

Alla fine dell’Ottocento la collina venne progressivamente abbandonata a causa sia dall'incremento demografico e conseguente scarsità di terra coltivabile, ma soprattutto dal grave flagello della fillossera che colpì gravemente tutta la viticoltura italiana e distrusse quasi completamente tutti i vigneti. Molti monferrini andarono a lavorare nelle industrie cittadine o emigrarono in Australia o Sud America.

E’ solo grazie all’aiuto parziale della meccanizzazione di alcune delle operazioni colturali che riporta a partire dagli anni ’60  ad un'agricoltura più estensiva, Dalla coltura promiscua si passa alla specializzazione.

Nei fondovalle ai prati per il bestiame si stanno sostituendo i pioppeti da cellulosa, e ai cereali tradizionali, come grano e mais, la soia e il girasole. I piccoli appezzamenti, con un lento processo, si stanno accorpando in più grandi e negli impianti viticoli è avvenuta una profonda innovazione

La specializzazione viticola ha favorito la ricomposizione fondiaria nelle zone più favorite dalla doc: il vigneto di Asti e del Monferrato appare così fortemente originale per la relativa omogeneità del suo ambiente naturale e socio-economico.

 
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